Meno assunzioni e promozioni per le categorie più svantaggiate della popolazione. Lo rivela una indagine del Diversity Management Lab di SDA Bocconi
La diversità spaventa, c’è poco da fare. A poco sembrano servire le politiche di integrazione a favore delle categorie svantaggiate, anche sul fronte lavoro. E’ quanto emerge da una ricerca a cura del Diversity Management Lab di SDA Bocconi che ha preso in esame le aziende italiane, quanto ad assunzioni e promozioni, di cui parla Vita.it in questo articolo. Dalla ricerca, per la quale sono state interpellate 750 persone, emerge che gli anziani, le donne, le persone disabili, gli stranieri e gli omosessuali sono i più discriminati in azienda.
Minori assunzioni e minori avanzamenti di carriera sarebbero quindi il prezzo da pagare in azienda per le categorie più svantaggiate. Secondo le cifre, in una scala da 1 a 7 la probabilità di venire assunti se si è uomini e giovani si posiziona su un valore di 6,06. Valore che, a parità di caratteristiche di merito, scende a 5,56 se si è donna, a 5,36 se si è stranieri, 5,35 omosessuali, 4,73 disabili o 3,53 anziani. Il trend non cambia quando si parla di avanzamenti di carriera, che continua a vedere penalizzati uomini e donne anziani e persone con disabilità. Nel caso di donne, inoltre, anche il fatto di avere figli è un punto a sfavore per le lavoratrici.
Insomma, a quanto pare, stando a questi scoraggianti risultati, la competenza non sarebbe il primo elemento che le aziende nostrane utilizzano nella gestione e ricerca del proprio personale. Nel caso specifico della disabilità, viene quindi da pensare che gli strumenti messi in campo, come quello del collocamento mirato, non siano forse così efficaci, o che comunque vadano ripensati. Allo stesso tempo, questa indagine ha sottolineato come la stessa struttura aziendale, a livello organizzativo, in gran parte dei casi non sia adeguatamente equipaggiata: gli intervistati avrebbero dichiarato che solo nel 23% dei casi sarebbe presente nella loro azienda un sistema di pratiche per la gestione delle diversità, a fronte di un 30% che ne sottolinea la mancanza.
La ricerca inoltre evidenzia come, a livello di gestione del bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata (orari e organizzazione del lavoro, quindi), le nostre aziende risultino ancora abbastanza rigide, con poco ricorso a Telelavoro (2,72), job-sharing (2,38), forme di flessibilità personalizzate (3,06) che potrebbero venire incontro a lavoratori con particolari esigenze, a fronte invece di un massivo utilizzo di forme tradizionali, come il solo part-time (4,62 su 7) e la flessibilità sugli orari di ingresso e uscita (4,69).
Per info:
Diversity Management Lab di SDA Bocconi
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Redazione